lunedì 31 ottobre 2011

IL RITORNO DEL PRINCIPE

LA VISITA DI S.A.R. CARLO DI BORBONE DUE SICILIE A  ISCHIA DI CASTRO

Come annunciato, sabato 29 ottobre 2011 si è svolta l’emozionante visita di S.A.R. Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro, a Ischia di Castro, ridente località della Tuscia.
Accolto affettuosamente dal Sindaco, dal Presidente della Provincia di Viterbo, da un consigliere della Regione Lazio, dal sindaco di Viterbo e da una festosa delegazione di bambini delle scuole locali, il Principe ha partecipato ad un cordialissimo incontro con numerosi cittadini riuniti presso il Santuario del Crocifisso.
Come hanno evidenziato gli illustri convenuti, la manifestazione è stato il giusto coronamento di una presa di coscienza storica che ha confermato l’indelebile legame tra la famiglia Farnese e, quindi, dei Borbone delle Due Sicilie, ed i laboriosi abitanti di quella terra.
Come è stato chiaramente ribadito, il ritorno del Principe e l’intitolazione di una piazza ai “Duchi di Castro” è stata un’iniziativa nata senza alcuna strumentalizzazione politica, certamente un momento sentito e voluto dalla gente che, finalmente, ha scoperto la propria identità storica.
Elemento alquanto entusiasmante è che l’evento non sembra destinato a restare isolato: nuove ed importanti manifestazioni si prospettano in un futuro che si preannuncia estremamente interessante.
Presente, in tutte la fasi dell’evento, una delegazione del nostro Movimento che, mostrando con orgoglio le Bandiere del Regno, ha riscosso la simpatia e l’affetto dei convenuti che hanno vistosamente apprezzato quella presenza quale filo di unione tra due culture eredi del medesimo importante passato storico.

Cap. Alessandro Romano

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Alcune immagini della manifestazione



 L’ “incredibile” stemma comunale





Il Crocifisso di Castro distrutta



L’accoglienza dei bambini




Il riconoscimento ufficiale al Principe Duca di Castro



L'incontro con le autorità ed i cittadini






Le “Armi” del Regno al Sindaco



La Medaglia Costantiniana d’oro al gonfalone del Comune



 Si intitola la piazza ai Duchi di Castro


Il saluto di S.A.R. Carlo di Borbone delle Due Sicilie




Alcuni dei Neoborbonici in “trasferta” a Castro
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DALLA STAMPA

 CIVITA NEW
Il ritorno del Duca di Castro, dopo 3 secoli e mezzo, nei suoi territori.
Festosa accoglienza di  Carlo di Borbone tra le rovine di Castro.
Ischia di Castro, Comune della Maremma viterbese, ha reso omaggio ai suoi antichi duchi con l’intitolazione di una piazza a chi un tempo possedeva quel territorio. E lo ha fatto con un ospite illustre: proprio al principe Carlo di Borbone, duca di Castro, ultimo erede del ducato che fu dei Farnese, è stato chiesto di scoprire la lapide a loro dedicata nel corso di una cerimonia ufficiale promossa questa mattina dal Comune alla presenza del sindaco, Salvatore Serra e di numerose autorità tra cui il consigliere regionale Francesco Battistoni, presidente della Commissione agricoltura della Pisana; il presidente della Provincia, Marcello Meroi; il sindaco di Viterbo, Giulio Marini, nella qualità di rappresentante del parlamento; l’assessore provinciale Franco Simeone; il rettore della Pontificia Università Salesiana, don Carlo Nanni; l’ ex ambasciatore dell’Italia presso la Santa Sede, Giuseppe Balboni Acqua.
Alla cerimonia ha partecipato anche Leonardo Saviano, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli Studi “Federico II” di Napoli. “L’evento, che vede il principe fare ritorno nei suoi possedimenti dopo tre secoli e mezzo da quel 1649 quando papa Innocenzo X fece demolire la città, è di grande portata simbolica- ha detto Saviano -  Il principe Carlo di Borbone si riappropria simbolicamente del suo antico feudo. Il nome di Castro, quindi, avrà un ambasciatore d’eccezione nel mondo”.
Ad accogliere Carlo di Borbone presso le rovine di Castro c’erano una scolaresca con striscione con su scritto “Bentornato Duca” e una rappresentanza dell’associazione borbonica del Regno di Napoli.
Il sindaco Serra, nel suo intervento, ha lanciato alle autorità presenti la proposta della creazione di un parco archeologico che contenga i resti dell’antica città e che vengano create le strutture necessarie perché il luogo possa essere valorizzato dal punto di vista storico-ambientale e turistico.
La risposta è arrivata da parte del consigliere regionale Battistoni, che si è impegnato a farsi portavoce di questa iniziatica definendola “di notevole importanza storica, culturale turistica”. A lui hanno fatto eco il presidente della Provincia di Viterbo, Meroi, e il deputato nazionale Marini. Carlo di Borbone ha donato una medaglia d’oro del Sacro Militare Ordine Costantiniano, di cui è Gran Maestro, appuntata sul gonfalone comunale di Ischia di Castro ed ha scoperto la lapide che intitola ai Duchi di Castro il piazzale antistante le rovine dell’antica capitale del ducato.
Avamposto della famiglia per assicurarsi il dominio sui territori della Chiesa e poi su quelli della Lombardia, l’antico Ducato di Castro, fu fondato da papa Paolo III Farnese nel 1537. Un secolo dopo, nel 1649, il ducato tornò alle dirette dipendenze dello Stato della Chiesa. Otto mesi dopo il Papa ne ordinò la distruzione.
Attualmente le rovine dell’antico ducato coincidono con 600 ettari di parco archeologico non scavato.


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Roma - (Adnkronos) - Il discendente dell'antico casato scopre la lapide durante la cerimonia per l'intitolazione di una piazza dedicata alla sua famiglia nel Comune della Maremma viterbese. Lo storico Leonardo Saviano: "Un evento di grande portata simbolica"
Il principe Carlo di Borbone torna a Castro, il suo ex feudo gli rende omaggio.

Roma, 29 ott. - (Adnkronos) - Ischia di Castro, Comune della Maremma viterbese, rende omaggio ai suoi antichi duchi con l'intitolazione di una piazza a chi un tempo possedeva quel territorio. E lo fa con un ospite illustre: proprio al principe Carlo di Borbone, insieme alla principessa Camilla di Borbone Duchessa di Castro, è stato chiesto di scoprire la lapide a loro dedicata nel corso di una cerimonia ufficiale promossa questa mattina dal sindaco Salvatore Serra.
Alla cerimonia ha partecipato anche Leonardo Saviano, docente di Storia delle Dottrine Politiche all'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Lo storico all'ADNKRONOS definisce ''l'evento, che vede il principe fare ritorno nei suoi possedimenti dopo tre secoli e mezzo da quel 1649 quando papa Innocenzo X fece distruggere la città, di grande portata simbolica''.
"Si tratta di un evento importante - spiega Saviano - Oggi il principe Carlo di Borbone si riappropria simbolicamente del suo antico feudo. Il nome di Castro, quindi, avrà un ambasciatore d'eccezione nel mondo".
Avamposto della famiglia per assicurarsi il dominio sui territori della Chiesa e poi su quelli della Lombardia, l'antico Ducato di Castro, fu fondato da papa Paolo III Farnese nel 1537. Un secolo dopo, nel 1649, il ducato tornò alle dirette dipendenze dello Stato della Chiesa. Otto mesi dopo il Papa ne ordinò la distruzione.
Attualmente le rovine dell'antico ducato coincidono con 600 ettari di parco archeologico non scavato. Nel corso della cerimonia, il principe Carlo di Borbone-Due Sicilie, duca di Castro, appunterà al gonfalone del sindaco di Ischia di Castro, Salvatore Serra, la medaglia d'oro del Sacro Militare Ordine Costantiniano, ordine cavalleresco di cui il principe è Gran Maestro.








venerdì 28 ottobre 2011

NOVITA' EDITORIALE - Lorenzo Del Boca



RISORGIMENTO DISONORATO

Venerdì 28 ottobre, alle ore 18.00 presso la Libreria Feltrinelli in via Canciani 15 Udine

giovedì 27 ottobre 2011

Cava De' Tirreni - Festival dell'Artigianato


A Cava De’ Tirreni
parte la prima edizione del Festival dell’Artigianato

La città di Cava De’ Tirreni ospiterà dal 2 al 5 Dicembre 2011, la prima edizione del Festival dell’Artigianato, un workshop volto a  promuovere il recupero degli antichi mestieri e a trasferire il know how delle attività artigianali, alle nuove generazioni.
Tredici le categorie di artigiani – parrucchieri, designer, pasticcieri, cuochi, ceramisti, pittori, lavoratori della pelle, fabbri, ebanisti, merlettai artistici, restauratori, fotografi e impagliatori – che si faranno promotrici delle conoscenze legate alle loro specifiche attività professionali, alcune delle quali in via d’estinzione. Quattro intense giornate di laboratorio durante le quali i tredici tutor, affiancati da propri assistenti, avvieranno delle classi di lavoro, formate ognuna da 10 partecipanti, volte alla dimostrazione e  alla messa in mostra delle loro conoscenze e del loro mestiere.
Il progetto, promosso dal Comune di Cava De’ Tirreni, in collaborazione con la CNA – Confederazione Nazionale dell’Artigianato, nasce con l’intento di preservare il know how di alcuni mestieri che altrimenti sarebbe destinato a perdersi, offrendo ai partecipanti un bagaglio di tecniche e saperi tale da poter fare da viatico per intraprendere una professione.
La partecipazione al Festival dell’Artigianato è gratuita e aperta a tutti coloro che hanno un’età non inferiore ai 18 anni e non superiore ai 65 anni  e che vogliono scoprire il fascino del lavoro artigianale.  La selezione dei partecipanti sarà effettuata in base alla data di presentazione della domanda e su valutazione del curriculum vitae, fino a completamento dei 130 posti liberi.
Il Festival dell’Artigianato si concluderà il giorno 5 Dicembre con la consegna degli attestati a tutti i partecipanti al workshop.
Chiunque fosse interessato a partecipare può scaricare il bando di concorso all’indirizzo www.festivaldellartigianato.org e compilare la domanda di iscrizione presente sullo stesso, entro e non oltre il 15 Novembre 2011.
 Cava De’ Tirreni, venerdì 2/09/2010

UFFICIO STAMPA
Dott.ssa Francesca Luciano
328 61 20 830
fra_luciano@libero.it

Per info o adesioni:
web:
www.festivaldellartigianato.org
mail: tonysorrentino@alice.itinfo@festivaldellartigianato.org
tel: 089 34 21 14

martedì 25 ottobre 2011

CARLO DI BORBONE a Ischia di Castro (VT)

S.A.R. Carlo di Borbone


Carlo di Borbone
ospite di Ischia di Castro


Sabato 29 ottobre il Duca di Castro torna nei suoi territori
Dopo tre secoli e mezzo il Duca di Castro torna, simbolicamente, nel suo territorio. Un “riappropriarsi della memoria storica” che avverrà concretamente, grazie all’impegno del Comune di Ischia di Castro, sabato mattina 29 ottobre in occasione della intitolazione del piazzale antistante gli scavi dell’antica Città di Castro, con la partecipazione del Principe Carlo di Borbone, duca di Castro, discendente dei regnanti del Regno di Napoli e della famiglia Farnese.
Il Duca visiterà il Comune dove verrà ricevuto dal sindaco Salvatore Serra e dalle autorità locali. Per questa occasione, tra l’altro, riceverà in omaggio la riproduzione di un’antica mappa del ducato di Castro e Roncoglione.
La costituzione del Ducato di Castro e Ronciglione ad opera di Papa Paolo III Farnese avvenne nel 1537 e rappresentò la base di questa ardita famiglia, d'origine altoviterbese, per assicurasi il domino sui territori della Chiesa e successivamente su quelli della Lombardia, attraverso il Ducato di Parma e Piacenza.
Il Ducato di Castro comprendeva un territorio delimitato tra i fiumi Fiora e Marta, il lago di Bolsena ed il Mar Tirreno: vi erano annessi il Ducato di Latera e, sui Monti Cimini, la Contea di Ronciglione.
Il piccolo stato nello stato ebbe come capitale una suggestiva cittadina arroccata su un'alta rupe tufacea, già sede etrusca. Il primo duca fu Pier Luigi Farnese figlio di Paolo III.
Il primo nucleo del Ducato fu realizzato con i possedimenti della moglie di Pier Luigi, Girolama Orsini, che portò in dote i castelli di Cellere e Pianiano.
Per 10 anni i Farnese si alternarono tra i il Ducato di Castro e quello di Parma e Piacenza.
Il declino del Ducato iniziò con Ranuccio I, figlio di Alessandro. Con la successione di Odoardo al padre Ranuccio I, si perpetuò una gestione dei possedimenti poco lungimirante: ne fu testimonianza la scellerata dichiarazione di guerra mossa alla Spagna senza neanche avvertire il pontefice Urbano VIII, che, per via di questa maldestra iniziativa, lo scomunicò movendo guerra al piccolo stato. Malgrado la capitolazione di Castro, tramite l'interessamento personale del Re di Francia, imparentato con i Farnese, Odoardo riuscì ad ottenere lo scioglimento dalla scomunica e a firmare un trattato di pace con il Papato.
Alla morte di Odoardo, avvenuta nel 1646, gli succedette il figlio sedicenne Ranuccio II che ereditò oltre ai debiti preesistenti anche quelli dell'inutile guerra intrapresa dal padre. Durante le trattative tra il Ducato e il Papato per la nomina del nuovo vescovo di Castro, si scatenò l'irreparabile. Alla morte di Urbano VIII salì al soglio pontificio Giovan Battista Panfilij, col nome di Innocenzo X, cognato di donna Olimpia Maidalchini, acerrima nemica dei Farnese.
Il papa nominò vescovo Cristoforo Giarda senza consultare Ranuccio II: questi, irritato, dispose di impedire l'accesso al nuovo prelato. A sua volta il pontefice ordinò al vescovo di prendere possesso della diocesi. Diretto da Roma a Castro, nelle vicinanze di Monterosi, il prelato venne ucciso da alcuni sicari. L'assassinio rappresentò per Innocenzo X un valido motivo per eliminare Il Ducato.
Dette ordine al Governatore di Viterbo, Giulio Spinola, di istruire un processo che stabilì la responsabilità diretta dei Farnese: da qui scaturì la decisione di attaccare il Ducato. Malgrado gli sforzi di Ranuccio II Castro capitolò il 2 settembre 1649 e otto mesi dopo il Papa ne ordinò la totale demolizione: edificio dopo edifico, tutti furono abbattuti, compresa la chiesa principale, la zecca, le abitazioni gentilizie.
Oggi, Castro è un'alta rocca tufacea in cui lacerti di mura, pietre lavorate e gli ingressi di ambienti sotterranei sono avvolti suggestivamente dal una vegetazione lussureggiante. All'inizio del sentiero che dal parcheggio e dalla piccola chiesa porta all'antica città, un masso tufaceo recita: 'Qui fu Castro'.
Il Comune di Ischia di Castro, con la cerimonia di sabato, alla presenza del Duca, intende ridare vigore ad un luogo legato alla memoria storica non solo del paese ma dell’intero territorio della Tuscia.

Per l'occasione saranno presenti i vertici del Movimento e tutti i compatrioti ed amici che vorranno prendere parte alla consegna dell'importante riconoscimento al Simbolo vivente della nostra identità.
Per ulteriori informazioni contattare la Redazione della Rete di Informazione o la Segreteria del Movimento.





DALLA STORIA - La Borsa Napolitana

Dalla Storia
La rubrica di divulgazione storica a cura del
Comitato Studi Storici Meridionali





lunedì 24 ottobre 2011

L'OPINIONE - Halloween



L'ESORCISTA DELLA SANTA SEDE:
"HALLOWEEN E' UN OSANNA AL DIAVOLO"

di
Don Gabriele Amorth

''Penso che la società italiana stia perdendo il senno, il senso della vita, l'uso della ragione e sia sempre più malata. Festeggiare la festa di Halloween è rendere un osanna al diavolo. Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona. Allora non meravigliamoci se il mondo sembra andare a catafascio e se gli studi di psicologi e psichiatri pullulano di bambini insonni, vandali, agitati, e di ragazzi ossessionati e depressi, potenziali suicidi''. La condanna è dell'esorcista della Santa Sede, già presidente dell'associazione internazionale degli esorcisti, il modenese padre Gabriele Amorth. I macabri mascheramenti, le invocazioni apparentemente innocue altro non sarebbero, per l'esorcista, che un tributo al principe di questo mondo: il diavolo. ''Mi dispiace moltissimo che l'Italia, come il resto d'Europa, si stia allontanando da Gesù il Signore e, addirittura, si metta a omaggiare satana'', dice l'esorcista secondo il quale ''la festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco. L'astuzia del demonio sta proprio qui. Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente. Anche il peccato non è più peccato al mondo d'oggi. Ma tutto viene camuffato sotto forma di esigenza, libertà o piacere personale. L'uomo - conclude - è diventato il dio di se stesso, esattamente ciò che vuole il demonio''. E ricorda che intanto, in molte città italiane, sono state organizzate le 'feste della luce', una vera e propria controffensiva ai festeggiamenti delle tenebre, con canti al Signore e giochi innocenti per bambini.





domenica 23 ottobre 2011

LA BATTAGLIA DEL GARIGLIANO


Promotore di questo importante evento che si terrà sabato 29 ottobre 2011 a Minturno, è l’Avvocato Cosimo Pontecorvo, amico fraterno di Don Paolo Capobianco ed uno dei principali artefici della ricostruzione del Ponte Borbonico sul Garigliano.
La celebrazione di quella Battaglia che elevò alla gloria, insieme ai loro eroici soldati, il capitano Domenico Bozzelli ed il generale Matteo Negri, è stato come un dovere per gli organizzatori.
Un appuntamento da non perdere.

Cap. Alessandro Romano






venerdì 21 ottobre 2011

Terroni a Milano



I "Terroni" sbarcano a teatro: arriva a Milano lo spettacolo teatrale tratto dal romanzo di Pino Aprile
Il 26 ottobre al teatro Martinitt arriva a Milano l'adattamento teatrale del discusso libro "Terroni". Lo spettacolo, di e con Roberto D'Alessandro, nasce esplicitamente dall’esigenza di divulgare il contenuto dell’omonimo libro di Pino Aprile. La necessità di far conoscere al maggior numero di persone la storia dell’unità d’Italia, della sua economia, di quanto fin’ora taciuto dalla storiografia ufficiale sugli eccidi compiuti durante la cosi detta “lotta al brigantaggio”, sugli squilibri tra nord e sud su cui fu basata tutta l’economia del nascente Regno D’Italia, su come di fatto l’unità d’Italia fu un atto di conquista sleale e scorretto da parte del Piemonte a danno del Regno delle due Sicilie.

Roberto D'Alessandro


Se non si ristabilirà la verità su ciò che è accaduto 150 anni fa l’Italia non vivrà mai alcuna pacificazione. La creazione di una supposta e sostenuta minorità Meridionale è l’atto più grave che i fratelli del nord hanno fatto ai danni dei fratelli del sud, ancora esiste a Torino il museo Lombroso, che aveva trovato (a dir suo) il cranio del delinquente naturale vicino Catanzaro. Di come ancora oggi la differenza di trattamento tra nord e sud sia marcata, dell’assenza totale di infrastrutture nel mezzogiorno e della deliberata volontà di mantenere il Sud in una condizione coloniale, poichè questo è stata sin dall’unificazione e da colonia viene ancora trattata. Dalla presa di coscienza si spera poi un risveglio culturale e una riscossa, politica, economica, sociale. Lo spettacolo si sposterà poi a  Napoli  (il 5 novembre al teatro Sannazaro).

Affaritaliani.it
Mercoledì, 19 ottobre 2011 - 17:01:12


mercoledì 19 ottobre 2011

L'UNESCO FA DIETRO FRONT SULLE MENZOGNE STORICHE


ANCORA UNA BATTAGLIA VINTA


Mai lasciare correre le cose: “chi tace acconsente”. E così, rispettando la consegna lasciata da chi ci ha preceduto, si è pronti a redarguire chi, per ignoranza o per malafede, continua ad infangare la storia della nostra Terra e la memoria degli uomini più illustri del nostro passato.
Il caso che vi proponiamo è il recente ravvedimento da parte de L’ UNESCO che di storia ne capisce. Forse una svista di qualche addetto indotta dalla solita ed insulsa retorica risorgimentale di cui ne è costellato il web e la stampa, ma comunque immediatamente sistemata con tanto di lettera ufficiale.

Cap. Alessandro Romano



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L’UNESCO fa retorica risorgimentale, ma si ravvede

V.A.N.T.O. e “Neoborbonici” protestano, e la storia cambia.

Il centro storico di Napoli, come tutti sapranno, è sito UNESCO patrimonio dell’Umanità. Anzi, è il più vasto centro storico d’Europa che si estende per 1700 ettari, conservando tracce di 2.700 anni di storia.
Sulla relativa pagina del sito ufficiale dell’UNESCO, era saltata all’occhio la descrizione in inglese (ma anche in francese) della parte finale della “Descrizione Storica”. Si leggeva testualmente:
With the return of the Bourbons in 1815, Ferdinand IV took the name and title Of Ferdinand I, King of the Two Sicilies. The tyrannous regime ensued that was brought to an end with the entry of Garibaldi’s army in 1860″. Ovvero, “Con il ritorno dei Borbone nel 1815, Ferdinando IV acquisisce il nome e il titolo di Ferdinando I, Re delle Due Sicilie. Al regime e alla tirannia che seguirono fu messo fine con l’ingresso dell’esercito di Garibaldi nel 1860″.
Dunque, anche l’UNESCO mostrava di essere vittima di una certa retorica risorgimentale stereotipata. V.A.N.T.O. e Neoborbonici, di comune accordo e in due note separate, hanno quindi provveduto a chiedere una correzione al testo che è stata approvata e prontamente apportata, senza alcuna opposizione e con estrema cortesia da parte dei responsabili dell’Organizzazione Culturale Internazionale, quella che manca quando simili situazioni vengono sottoposte all’interno dei confini italiani. Ora la pagina del Centro storico di Napoli riporta nella descrizione storica che “The Bourbon dynasty was brought to an end with the entry of Garibaldi’s army in 1860″, cioè semplicemente che “la dinastia borbonica finì con l’entrata dell’esercito di Garibaldi nel 1860″. E così anche nella versione in francese.
L’interlocutore, dal nome italiano, nella sua cortese risposta ha così definito l’errore: “a misleading part” of the historical description text on the Historic Centre of Naples, ossia una “parte fuorviante” sulla descrizione storica di Napoli.
Un piccolo tassello che contribuisce a riscrivere la storia e a cancellare una denigrazione troppo feroce per chi seppe fare di Napoli Capitale la città dei primati.
Almeno l’UNESCO, che ha il compito di salvaguardare la cultura dei siti che protegge, ha dimostrato di saper avere rispetto per la storia di Napoli, comprendendo la nostra protesta che è scevra da nostalgie monarchiche ma carica di rispetto per il passato della città.

Di seguito la corrispondenza tra VANTO e UNESCO

Dear Committee,
i’m a journalist and historical researcher, but also the coordinator of a cultural movement for the promotion of Naples.
The page of the “Historical Center of Naples” at the end reads: ”Ferdinand IV Took the name and title Of Ferdinand I, King of the Two Sicilies. The tyrannous regime ensued that was brought to an end with the entry of Garibaldi’s army in 1860”.
The description is disrespectful and offensive to a dynasty that gave glory and primates to the city. The description ”tyrannous regime” is wrong and should be replaced with the simply words “Bourbon dynasty” to respect the great history of Naples Capital of the ’700 and ’800. Also in french language.
 I’d like to get an answer.
Thanks.
Angelo Forgione
Movimento V.A.N.T.O.

Dear Mr Forgione, dear Prof. De Crescenzo,
Thank you for your messages to call our attention on a misleading part of the historical description text on the Historic Centre of Naples. We corrected the text in both languages.
Best regards,
Alessandro Balsamo
Nominations and Tentative Lists Manager
Policy and Statutory Implementation Section
World Heritage Centre, UNESCO
(un ringraziamento speciale a Tony Quattrone per la partecipazione)

martedì 18 ottobre 2011

Francesco II di Borbone - Annullo speciale



Con la caduta di Gaeta, assediata da terra e da mare dal Piemonte, finì il glorioso Regno delle Sue Sicilie ed il suo legittimo re fu costretto all’esilio, inaugurando la tragedia dell’emigrazione che di lì a qualche anno spopolò le contrade del Sud una volta ricche e feconde.
Nel 150 esimo anniversario della caduta di Gaeta e della dolorosa partenza di Francesco II per l’esilio di Roma,  gli amici e compatrioti del “Collector Club Pontino" di Terracina (Latina) hanno chiesto alle Poste Italiane un “Dispaccio postale diretto in Vaticano” per il 22 ottobre 2011 con l'impiego di un annullo speciale.
Per ottenerne l'impronta, occorre presentare i propri invii al servizio temporaneo allestito il 22 ottobre, dalle ore 10 alle ore 17, presso l'Istituto Professionale di Stato servizi turistici, sito in Via Roma 125 a Terracina, o spedirli affinché arrivino entro il 21 ottobre. Essi vanno  indirizzati a Poste italiane, servizio commerciale e filatelia, Luciano Gualtieri, piazzale dei Bonificatori 1, 04100 Latina.
La corrispondenza deve essere affrancata con almeno 60 centesimi ed indirizzata in Vaticano e riportare il recapito del mittente.

Cap. Alessandro Romano

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14 febbraio 1861, Gaeta



Generali, uffiziali e soldati di Gaeta. La sorte della guerra ci separa.
Combattuto insieme cinque mesi per la indipendenza della patria, sfidando e sofferendo gli stessi pericoli e disagi, debbo in questo momento metter fine ai vostri eroici sacrifizii. La resistenza divenuta era impossibile.
Se il desio di soldato spingevami a difendere con voi l'ultimo baluardo della monarchia, sino a caderne sotto le mura crollanti, il dovere di re e l'amore di padre oggi mi comandano di risparmiare tanto generoso sangue, la cui effusione or non sarebbe che l'ultima manifestazione d'inutile eroismo.
Per voi, miei fidi compagni, pel vostro avvenire, per premiare la vostra lealtà e costanza e bravura, per voi rinunzio al bellico vanto di respingere gli ultimi assalti d'un nemico che questa piazza difesa da voi non avrebbe presa senza seminare di cadaveri il cammino.
Voi da dieci mesi combattete con impareggiabile coraggio. Il tradimento interno, l'assalto di rivoluzionarii stranieri, l'aggressione d'uno Stato che dicevasi amico, niente v'ha domato, nè stancato. Tra sofferenze d'ogni sorta, passando per campi di battaglia, affrontando tradimenti più terribili del ferro e del piombo, siete venuti a Capua e a Gaeta, segnando d'eroismo le rive del Volturno e le sponde del Garigliano, sfidando per tre mesi in queste mura gli sforzi d'un nemico padrone di tutta la potenza d'Italia.
Per voi è salvo l'onore dell'esercito delle Due Sicilie; per voi il vostro sovrano può tenere alto il capo, e nella terra dell'esiglio dove aspetterà la giustizia di Dio, il ricordo della vostra eroica lealtà gli sarà dolcissima consolazione nelle sventure. Sarà distribuita una medaglia speciale che ricordi l’assedio; e quando i miei cari soldati torneranno in seno delle loro famiglie, gli uomini d'onore s'inchineranno al loro passaggio, e le madri mostreranno a' figliuoli come esempio i prodi difensori di Gaeta.
Generali, uffiziali, soldati, io vi ringrazio; a tutti stringo le mani con affetto e riconoscenza; non vi dico addio ma a rivederci. Conservatami intatta la lealtà, come eternamente vi serberà gratitudine e amore il vostro re
Francesco.



S.M Francesco II di Borbone



La Regina Maria Sofia









La medaglia dell'Assedio consegnata agli Eroi



Il commiato del Re dai suoi soldati




La coppia reale verso l'imbarco per la partenza





La coppia reale accolta sulla nave militare francese "La Mouette" che li
condurrà ijn esilio nello Stato della Chiesa




Francesco II ed i suoi fedelissimi ospiti di Pio IX


lunedì 17 ottobre 2011

L'OPINIONE - Antonio Tortora

Razzismo strisciante alimentato dai media

di

Antonio Tortora



Di recente assistiamo ad un fenomeno davvero curioso e per molti versi incomprensibile.
Che leghisti o gente del nord scriva lettere ai giornali e ai blog, intervenga in diretta a trasmissioni televisive (se hanno faccia tosta) e radiofoniche (in modo da nascondersi dietro l’anonimato), sbraiti allo stadio e alle più svariate manifestazioni contro il Sud, contro il Mezzogiorno d’Italia e soprattutto contro Napoli è ritenuto un fenomeno quasi fisiologico rispetto al quale alcuni provano assuefazione e altri reagiscono energicamente come la Rete Due Sicilie (http://www.reteduesicilie.it/) dell’instancabile Alessandro Romano, il Movimento V.a.n.t.o. dell’ottimo blogger Angelo Forgione (http://angeloxg1.wordpress.com/vanto/), nonché il nostro giornale.
Ma che gente del Sud (regnicoli e nostri conterranei) parli male di se stessa quasi con rassegnazione e inveisca contro Napoli, ovvero contro la città che ha scritto la storia della più grande macroregione d’Italia, nel bene e nel male e negli ultimi millenni, è sintomo di una gravissima malattia psichica che ha infettato parte della comunità meridionale più concentrata su vitali questioni di sopravvivenza ma soprattutto più condizionata da un vero e proprio tsunami mediatico scatenato violentemente contro le nostre genti e le nostre menti sin dall’indomani del 1861 e tuttora in atto.
Ovviamente centocinquanta anni fa l’attacco fu condotto attraverso i giornali nazionali e la pubblicistica di stampo risorgimentale e filosavoiarda; oggigiorno l’attacco è meticoloso e si realizza attraverso datati e menzogneri programmi scolastici con cui gli studenti vengono condizionati, per mezzo di talk show televisivi con cui gli impigriti teledipendenti vengono manipolati fin dentro le loro case e grazie a giornali finanziati dallo Stato e fortemente ispirati da partiti e gruppi di potere.
Dunque un flusso di informazioni a senso unico che accompagna il cittadino italiano, e anche quello meridionale, per tutta la vita e ne indeboliscono lo spirito critico.
Usi e tradizioni, comportamenti e atteggiamenti, modalità di pensiero e filosofie di vita tipiche di coloro che discendevano dagli antichi popoli del Sud: Sanniti, Osco-Sabelli, Greci, Messapi, Lucani, Bruzii e Apuli, sono stati in gran parte dissolti costringendo i nostri più recenti e ottocenteschi antenati a aderire a principi di conformismo e di massificazione che ne hanno fiaccato il forte carattere nonchè la ferma volontà di indipendenza.
Perfino la formidabile conquista romana, circa duemila anni fa, non riuscì a piegare del tutto i nostri orgogliosi e battaglieri progenitori.
Perché tutti i nordisti che si esprimono in modo indegno nei confronti del Sud o dei meridionali non vengono incriminati con l’infamante accusa di istigazione all’odio razziale quando la legge prevede tale reato, ad esempio, nei confronti delle minoranze etniche?
E per quale ragione i conduttori di programmi radiotelevisivi non censurano le opinioni di coloro che istigano all’odio razziale contro gli italiani del Sud?
Forse questi agitatori godono di una speciale immunità di fronte alla legge?
Appare una contraddizione in termini eppure gli stessi che hanno voluto l’Unità d’Italia avvalendosi della forza, dell’aggressione militare e dell’annessione del Regno delle Due Sicilie, Stato sovrano e tradizionalmente pacifico, oggi vogliono la secessione e l’abbandono al proprio destino di un territorio che ha rappresentato, per lungo tempo, un serbatoio immenso di risorse umane, industriali, agricole, intellettuali e finanziarie.
Il nord conquistatore impose tasse inique fra cui la più odiosa era quella che veniva applicata sull’emigrazione interna da sud a nord. Evidentemente la logica del limone spremuto e gettato, ancorché nel 2011, regge ancora.
Dunque alla vena razzista di un nord, rabbioso per essersi ritrovato in crisi economica e industriale ma che nulla avrebbe potuto realizzare fino ad ora senza la forzata emigrazione e il lavoro di milioni di meridionali, si sovrappone una vena razzista di casa nostra che viene continuamente alimentata da una lunga serie di luoghi comuni che, a furia di essere ripetuti (repetita iuvant), diventano dogmi accettati acriticamente dalla massa.
“Immondizia, criminalità (micro o macro è indifferente tanto tutto fa brodo), parassitismo, assistenzialismo, ignoranza, arretratezza, evasione fiscale, inciviltà e maleducazione” sono gli stereotipi che subito rintracciamo nella nostra mente e che vengono in modo arbitrario associati da un gruppo sociale a un altro gruppo; in questo caso dal nord dove risiedono gruppi dominanti capaci di condizionare pesantemente l’opinione pubblica con sofisticati, potentissimi e collaudati sistemi mediatici, al sud dove una classe politica venduta agli interessi geostrategici, economici e massonici delle centrali di potere nordiste, post - risorgimentali e forse anche straniere, ha fatto strage dei principi di diritto, ha definitivamente interrotto i rapporti tra governanti e governati pensando solo alle ricche prebende e alle proprie fulminanti carriere, ha tradito sistematicamente il giuramento prestato sulla Costituzione, ma soprattutto ha insozzato con vera inettitudine, uno dei territori più belli e ricchi del mondo ovvero Napoli e l’intera Campania Felix.
Un vero e proprio genocidio culturale tenendo presente che si vuole, in ogni modo, occultare o banalizzare la plurimillenaria storia della nostra città.
Una vera e propria pulizia etnica ricordando gli oltre undici milioni di Meridionali che furono costretti a emigrare all’indomani dell’Unità d’Italia. Già è molto che la nostra Partenope sia sopravvissuta a tanto odio.
Non contenti delle ferite quasi mortali inferte dai “patrioti risorgimentali” a suo tempo, gli amministratori succedutisi nel tempo continuano a ricoprire la nostra splendida città di rifiuti, per settimane, per mesi e a conti fatti per anni (almeno 17) mortificandone l’essenza solare e portatrice di civiltà; non provvedono alla manutenzione di monumenti che da secoli sono meta di visite da parte di turisti provenienti dal mondo intero (basta vedere lo spessore della sporcizia e del guano dei colombi che li ricopre); continuano a espropriare ai cittadini interi pezzi di città con improbabili Zone a Traffico Limitato (http://www.youtube.com/watch?v=_ENeb5uiwAI) attraverso cui imporre multe con l’unica finalità di fare cassa e cercare forsennatamente di risanare i bilanci ormai compromessi.
Peraltro non sono stati realizzati sufficienti parcheggi per auto e moto gettando nel panico decine di migliaia di residenti che vivono in un territorio pieno di salite e discese ripide, dove l’uso del mezzo privato in molti casi diventa necessario a causa della presenza massiccia, all’interno del nucleo familiare, di anziani, bambini piccoli e disabili.
Non viviamo certamente in una delle pianeggianti città del nord dove la bicicletta può essere efficacemente utilizzata.
A proposito perché non si condannano le amministrazioni cittadine che non provvedono a realizzare posti auto gratuiti con strisce bianche così come prevede il Codice della Strada?
Inoltre tornando alle cose cattive fatte o alle cose buone non fatte, come lorsignori preferiscono, questi tristi figuri che compaiono in pubblico solo per festeggiare il raggiungimento di successi elettorali, continuano a prendere in giro coloro che li votano con la stessa retorica di sempre, si isolano nei palazzi del potere per paura della gente che è esasperata e cerca di sopravvivere come può, si ostinano a militarizzare la città gettando fumo negli occhi ma senza arrecare il benché minimo danno alle imprese criminali che, paradossalmente e sfortunatamente, sono le uniche sul territorio a offrire lavoro a chi è costretto a vivere nella più completa emarginazione.
Le genti del nord sanno bene (fanno finta di non saperlo o semplicemente non lo sanno poiché sono ignoranti) che la colpa di ciò che accade alle nostre latitudini non dipende dalle popolazioni locali bensì dalle classi dominanti che periodicamente si avvicendano ai posti di comando e che mantengono saldamente la barra del timone, rispettando una incredibile e ferrea continuità, senza mai confrontarsi con i cittadini che sono il vero datore di lavoro dei pubblici amministratori, e anche dei burocrati e dei colletti bianchi in quanto questi dipendono in tutto e per tutto da coloro che hanno vinto le elezioni.
Ciò accade mentre alcuni elettori in buona fede credono ancora in una qualche obsoleta o improbabile fede politica e in qualche partito che ormai, da troppo tempo, non li rappresenta più.
Ci chiediamo perché gli amministratori che riducono una città in questo stato pietoso non paghino per i loro errori e per le loro malefatte, riuscendo a farla franca rispetto alla legge e rispetto all’opinione pubblica sempre più sbigottita e desiderosa di riscatto sociale.
Eppure nei discorsi di insediamento dei vari Sindaci, la magica parola “democrazia” continua a essere pronunciata sia pur in maniera minore rispetto al passato.
Il nostro attuale Sindaco, che pure parrebbe animato da buone intenzioni, l’ha usata tre volte abbinandole una volta l’aggettivo “partecipativa” mentre i Sindaci precedenti l’hanno usata molte più volte; in realtà sono decenni che la partecipazione dei cittadini è annichilita e ogni forma di comunicazione fra governanti e governati è relegata all’interno dell’arido linguaggio di una spaventosa burocrazia che interpreta tutto in maniera tale da avere sempre e comunque ragione; nonostante il ministro Brunetta che, teorizzando una utopistica burocrazia dal volto umano, non ha fatto altro, nella pratica, che incattivire ancor di più i “colletti bianchi” e gli impiegati con funzioni amministrative.
Il rapporto fra Stato e cittadini è inesistente e nel migliore dei casi disastroso.
I palazzi del potere, finanche la casa comunale, sono praticamente blindati e impenetrabili.
Praticamente non c’è scampo: il cittadino, in caso di problemi individuali, ha sempre torto e deve subire senza potersi confrontare con interlocutori capaci di ascoltare le istanze che vengono dai veri abitanti della città.
Per le forme di comunicazione erga omnes invece, il cittadino è costretto a barcamenarsi in una selva di segnaletica orizzontale e verticale quasi sempre improntata al divieto, alla sanzione e in una vera e propria raccolta di ordinanze sindacali complesse, di difficile interpretazione e la cui ratio, per forza di cose, viene compresa solo da persone che per muoversi di certo non usano il mezzo pubblico e neanche quello privato bensì il mezzo istituzionale ovvero le numerose e famigerate auto blu dotate di scorta, sirena e lampeggiante.
Possono finalmente muoversi senza il traffico provocato dai comuni mortali che, incredibilmente, sono obbligati a pagare supertasse di possesso, assicurazioni tra le più care d’Italia e balzelli inverosimili, come bollini blu e multe di ogni genere, pur non potendo impiegare i propri mezzi di locomozione su un territorio espropriato all’uso comune.
D’altra parte, e secondo la definizione classica, quando facciamo riferimento a personalità politiche ci riferiamo essenzialmente a coloro che ”partecipano attivamente alla vita pubblica e che operano le scelte necessarie alla crescita civile ed economica del proprio Stato o della propria comunità”; ebbene da quanto tempo ciò non accade nella nostra città e nella nostra regione?
In effetti le cosiddette “personalità politiche” che abbiamo avuto la disgrazia di ritrovarci davanti per innumerevoli anni, non hanno fatto altro che contribuire al consolidamento di quei numerosi luoghi comuni cui prima abbiamo accennato facendo sì che, non solo il nord Italia ma anche il resto del mondo, senza esclusione di meridiani e paralleli, abbiano recepito come vere un insieme di credenze, di rappresentazioni ipersemplificate della realtà e opinioni rigidamente connesse tra di loro.
La vera “macchina del fango” è quella che cerca di ricoprire di immondizia la nostra città e di desertificare l’intera Campania, basta vedere gli scarichi tossici (provenienti dal nord) scoperti proprio in questi giorni a Castelvolturno e non quella finta, strumentale e patetica che i nostri politici, furbescamente, agitano quando si sentono attaccati e vedono i loro assurdi privilegi messi in pericolo.
E non capiamo cosa c’entra il “vento dell’antipolitica” quando esprimiamo critiche nei confronti dei partiti e degli amministratori che ad essi fanno riferimento; tenendo presente che la politica nacque proprio nei territori della Magna Grecia, ovvero nell’Italia Meridionale dove già a partire dall’VIII° sec. a.C. si sviluppò il concetto di città-stato in continuità con le “poleis” greche.
Ma senza andare così a ritroso nel tempo, e per cercare di colmare il vuoto provocato dalla crassa ignoranza dei nordisti, gioverà ricordare che anche Benjamin Franklin e la Costituzione degli Stati Uniti, nella seconda metà del ‘700, furono ispirati dal grande giurista partenopeo Gaetano Filangeri che con la sua Scienza della Legislazione propose di mettere ordine nel caotico diritto feudale che caratterizzava la legislazione di tutti i Paesi d’Europa.
Dunque al Sud non spira il “vento dell’antipolitica” poiché il colto uomo meridionale sa perfettamente che la politica affonda le sue radici nelle concezioni filosofiche elaborate da Socrate, Platone e Aristotele bensì soffia forte il “vento dell’antipartitocrazia” e, alla luce di quanto accaduto in questi ultimi decenni di malgoverno, non crediamo che ci sia qualcuno che si azzardi a prendere le difese di un sistema partitocratrico che ha quasi condannato l’Italia al default finanziario.
Tale governo dei partiti è stato molto opportunamente definito “Peste italiana” in uno studio promosso dai Radicali.
Quanto affermato vale non solo per la nostra Napoli bensì per tutte le altre città, anche per le più piccole (pensiamo al recentissimo caso di Parma dove il sindaco è stato costretto alle dimissioni a furor di popolo) e dunque per l’intero Paese.
Ma del resto d’Italia e dei suoi guai locali non si parla, se non sporadicamente; tutto deve apparire in ordine rispetto alla Napoli senza regole.
Vorremmo stendere un velo pietoso sulle invettive razziste dello pseudointellettuale Giorgio Valentino Bocca (a quanto pare tra i firmatari del Manifesto della Razza nel 1938), di cui la nostra testata si è occupata più volte e speriamo che rimanga confinato nelle sconosciute lande cuneesi dove risiede.
Tuttavia non possiamo non ricordare che, a suo tempo, nel programma della Rai “Che tempo fa”, Bocca parlò di Napoli come “città decomposta da migliaia di anni” e dei Napoletani come “plebe che vive di magia” (http://www.youtube.com/watch?v=KDG_-GIrpCQ) senza essere censurato e svolgendo il devastante ruolo di testa di ponte di quella compagine formata da opinion leader, scrittori e giornalisti (sic!) che dirigono la “macchina del fango” cui prima abbiamo fatto riferimento.
Un vero e proprio esercito mercenario, profumatamente pagato con denaro pubblico, cui è stato accordato prestigio e mezzi per influenzare in modo determinante l’opinione pubblica.
Certo a Napoli la vita non è facile perché c’è una bassissima qualità dei servizi pubblici, una burocrazia paludosa dove per avere un semplice rimborso dal Comune di cifre erroneamente versate per la refezione scolastica occorrono anche otto mesi e per ottenere lo sgravio di una sanzione amministrativa ingiustamente erogata possono occorrere circa sette anni; prenotare una prestazione sanitaria può richiedere file lunghissime e tempi biblici per l’erogazione della stessa.
Muoversi in Metropolitana significa viaggiare in carrozze moderne e tecnologicamente avanzate ma strettissime rispetto al numero esorbitante dei viaggiatori (circa 110mila nei giorni feriali). C’è troppa gente e all’interno delle carrozze manca l’aria soprattutto quando queste si fermano per motivi non chiari, non comunicando nulla agli utenti intrappolati e l’aria condizionata smette di funzionare come è capitato un paio di settimane fa; forse sarebbe opportuno rivisitare le norme di sicurezza.
Ci chiediamo perché il privato che viaggia con la propria auto viene supercontrollato e fortemente penalizzato se trovato non in regola, pur non creando pericoli per chicchessia, mentre sui mezzi pubblici nessuno fa controlli per verificarne l’uso in sicurezza; alcune delle stazioni della Metro sono molto profonde (anche fino a 47 mt.) e in caso d’incidente grave, vista la forte utenza e i treni insufficienti, il prezzo in vite umane potrebbe essere altissimo.
Stando alle lamentele degli utenti il prezzo dei mezzi pubblici è sempre più caro mentre il servizio è sempre più scadente e alcune corse, come sta avvenendo per la Circumflegrea, vengono inspiegabilmente eliminate proprio nelle ore di punta obbligando migliaia di pendolari a litigare pesantemente solo per essere trasportati come capre al macello.
Tutto, dicono le persone informate, a causa dei tagli ai finanziamenti; che dire allora del numero crescente dei dirigenti che percepiscono ottimi stipendi e del numero sempre più inferiore di operai, macchinisti e addetti alla manutenzione con retribuzioni davvero scarse?
Tuttavia pur senza tacere, per onestà intellettuale, i problemi che affliggono la nostra metropoli, pare esserci una specie di legge del caos controllato per cui mentre intere aree della città sono abbandonate a sé stesse altre come quelle relative alla nuova Zona a Traffico Limitato, sono presidiate da oltre 600 vigili e le zone limitrofe sono prese di mira da ausiliari del traffico che, setacciando palmo a palmo l’intera zona, infliggono numerosissime multe su cui evidentemente prendono una percentuale (cosa questa non del tutto chiarita).
Possiamo dire che il parcheggio abusivo che in passato ha caratterizzato la città oggi è stato completamente sostituito dal parcheggio a pagamento sempre ben delimitato da strisce blu ben visibili, ripittate di frequente e a disposizione dell’automobilista che paga salato. In effetti si tratta dell’unica cosa che funziona alla perfezione oltre alla riscossione delle multe e che fa adirare i cittadini che, di contro, devono misurarsi costantemente con le infinite disfunzioni degli uffici pubblici.
Abbiamo posto l’accento solo su alcuni punti riguardanti la vivibilità a Napoli ma siamo convinti che problemi analoghi esistano in molte altre città senza però che la “macchina del fango” si metta in moto perché è sempre e solo Napoli che deve fare notizia come vittima sacrificale di un sistema mediatico dove una certa polarizzazione del pensiero obbliga il cittadino medio a identificare, per esempio, Napoli con la spazzatura anche quando questa è stata rimossa e le strade sono pulite. In quest’ottica ci si guarda bene dall’evidenziare le cose positive fra cui ad esempio le decine e decine di eventi culturali che quotidianamente animano, nonostante le immense difficoltà e a dispetto degli intralci frapposti da ottusi burocrati, un panorama antropologico estremamente vitale e interessante.
D’altra parte questa immagine ferocemente distopica della realtà consente di raggiungere molteplici obiettivi: scaricare le tensioni in eccesso presenti su tutto il restante territorio nazionale cosicché, in un rituale sfogo collettivo, ci si possa scagliare contro la città sporca e camorrista per antonomasia; mantenere in vita un mito volutamente negativo per giustificare il saccheggio del Mezzogiorno d’Italia più volte ricordato negli studi compiuti dallo scomparso scrittore meridionalista Nicola Zitara (http://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Zitara) e da un’infinità di studiosi e storici revisionisti; cercare di comprimere il senso di libertà e indipendenza di un particolare tipo di comunità, ovvero quella partenopea, che di rado si è ribellata alle ingiustizie ma che quando lo ha fatto non si è fatta fermare facilmente; e per ultimo, fare sperimentazione politica in un laboratorio sociale dalle infinite risorse e dalle illimitate potenzialità.
Purtroppo il plagio mentale esercitato sui cittadini partenopei, facendo leva sui sensi di colpa e sulla incapacità di evolversi secondo regole di una massificazione universalmente accettata, sta producendo effetti negativi a tal punto che una mentalità razzista diretta contro sé stessi pare prendere piede finanche nella popolazione; significherebbe mettere gli uni contro gli altri portandoci a un’ulteriore imbarbarimento all’interno delle nostre strade e delle nostre case.
È un campanello d’allarme che contribuiremo a far squillare forte e chiaro affinché il pericoloso fenomeno si arresti e venga provocato il risveglio delle coscienze. Dovremo opporci con tutte le forze a quella “damnatio memoriae” cui il nord vorrebbe condannarci senza appello e senza aver commesso, come popolo, alcuna colpa.
La stessa meritevole opera letteraria di Roberto Saviano, che ha concepito la penna come arma contro la camorra e quindi come una denuncia potente e definitiva contro la criminalità organizzata, è stata manipolata dai media ispiratori della “macchina del fango” trasformandola in una cluster bomb (bomba a grappolo) capace di detonare sulle teste dei napoletani, dei campani e dei meridionali.
A tal punto che l’opera di sminamento e di disinnesco di luoghi comuni, cliché, stereotipi, frasi fatte e banalità diventa complessa e davvero difficile.
Dimenticavamo.
Sappiano i nuovi razzisti del Sud, mentalmente plagiati, che se non fosse stato per le tante Storie Patrie scritte nel corso dei secoli da studiosi, storici, scienziati e filosofi napoletani e quindi per la storia antica e gloriosa di Megaride, Partenope o Neapolis, come si preferisce, forse di molte realtà meridionali e degli innumerevoli piccoli centri che costellano il nostro territorio, sia appenninico che costiero, mai nulla si sarebbe saputo con la conseguente condanna all’oblio.




 

sabato 15 ottobre 2011

UN MULO SALVERA' LA GRECIA ?




Pubblichiamo le riflessioni di un nostro compatriota esperto in materia finanziaria che lasciano molto pensare su cause ed effetti di una crisi che nessuno riesce a comprendere fino in fondo. Tuttavia, nella “morale della favola”, emergono le profetiche parole di Zitara che, quale unica cura efficace, prescriveva un riazzeramento di banche e profitti per far ripartire il mondo. Insomma lasciare l’auto per il mulo che, nel caso, salverebbe anche il nostro sventurato Paese.

Cap. Alessandro Romano


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Un mulo salverà la Grecia?

“Vai ed accertati di persona”. Con questo spirito ho visitato la Grecia durante lo scorso mese di settembre, per cercare di rendermi conto, per “respirare l’aria di crisi” che da due anni avvolge quel paese, spiegata dai ripetitivi ed ossessivi “report” proposti da stampa e televisione di mezzo mondo.
Ormai è un classico. Per preannunciare situazioni di crisi politiche, economiche e finanziarie si fa riferimento alla Grecia – anche all’Argentina, in verità - ed alle relative, incresciose vicende nazionali. “Non vogliamo fare la fine della Grecia!”, “Siamo sull’orlo del default (fallimento), come in Grecia!”. Sono queste le frasi che da due anni si sentono ripetere ormai come una litania.
Probabilmente questo è un modo semplicistico e sbrigativo, quasi scaramantico, per non parlare con schiettezza della paura condivisa che l’Euro possa frantumarsi in mille pezzi e mandare all’aria la coraggiosa, lungimirante costruzione dell’Unione Europea. E questo avverrebbe non solo o non soltanto per colpa della Grecia che rappresenta una piccola parte dell'Unione Europea misurata in termini di popolazione, ricchezza annuale prodotta (PIL) e debito pubblico accumulato (circa il 4 per cento).
Secondo il ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos: “La Grecia sta affrontando la più grande crisi dai tempi della guerra civile. Il Paese si trova in una posizione estremamente difficile ed è costretto a varare drastiche misure di bilancio che richiedono altri sacrifici".
Contro i piani di ristrutturazione del governo, autobus, metropolitane e treni si sono fermati a ripetizione negli ultimi mesi. Ma non solo: tutti gli uffici pubblici funzionano a singhiozzo aumentando i disagi per tutti i cittadini. Il piano sui trasporti del governo prevede il trasferimento ad altri impieghi pubblici di una parte del personale di questo settore e stipendi pesantemente decurtati per i prossimi 12 mesi.
Le misure adottate per far uscire la Grecia dalla crisi riguarderanno per un terzo le entrate e per due terzi i tagli delle spese. Tra gli ultimi provvedimenti vi è l'abbassamento del tetto minimo del reddito imponibile da 8.000 a 5.000 euro, l'equiparazione del prezzo del gasolio da riscaldamento con quello per i veicoli, la riduzione degli stipendi e delle pensioni – che si aggiunge al perentorio innalzamento dell’età di quiescenza - la messa in mobilità di 30.000 dipendenti del settore pubblico, su un totale di 727.000, con trattamento economico ridotto, l'abolizione di sussidi ed incentivi. Tutto questo in attesa della tranche di aiuto europeo pari a otto miliardi di euro ed in previsione di ulteriori aiuti per 109 miliardi di euro.
Vi è poco da commentare quando, passando davanti al porto turistico di Atene, un buon conoscitore delle cose della città indica maliziosamente: “Questo è il porto dei poveri!”. E lo sguardo va alle numerose, costose barche dei super-ricchi ellenici. In Grecia, lo si ammette apertamente, vi è scarsissima simpatia per il pagamento delle imposte da parte dei possessori di alti redditi e patrimoni. Alla fine, e questo vale anche per l’Italia, la somma delle furbizie individuali, coniugata con cattiva gestione politica ed amministrativa portano al collasso finanziario del paese.
L’indice azionario ASE della borsa di Atene ha registrato dall’inizio dell’anno un calo pari al 51%. Per il 2012 è prevista una riduzione del PIL (ricchezza prodotta nell’anno) pari al 5 per cento. Il debito pubblico della Grecia è stimato in 340 miliardi di euro. Ogni abitante della Grecia (in tutto sono 11.300.000) ha un carico di circa 30.000 euro di debito statale. Ogni italiano, invece, sopporta una porzione di debito pubblico pari a circa 32.000 euro (1.912 miliardi di euro suddivisi per 60 milioni di abitanti). La Grecia da questo punto di vista, al momento, è messa meglio dell’Italia. Il deficit annuale di bilancio in Grecia risulta, invece, molto più alto (circa il 9 per cento del PIL nel 2011) rispetto all’analogo parametro italiano che è previsto al 4 per cento. La negativa esperienza della Grecia va monitorata con attenzione per evitarne la replica amara nel nostro Paese.
Ce la farà la Grecia a superare il brutto momento?
Per dare una risposta al quesìto evito analisi e ragionamenti di tipo politico ed economico. Sono già in tanti (forse troppi) a cimentarsi sulla delicata questione. Preferisco affidarmi all’irrazionale, a sensazioni connesse ad una simpatica situazione vissuta a Santorini. In quell’isola il centro abitato è situato sull’alto e per arrivare a destinazione partendo dal porto vi sono tre possibilità: salire a piedi con una buona dose di sforzo e sudore, utilizzare l’ultramoderna teleferica oppure affidarsi al trasporto a dorso di mulo.
Il gruppo di amici di cui facevo parte, per evitare la coda all’ingresso della teleferica, ma soprattutto per l’originalità dell’opzione, ha scelto l’ausilio del mulo. Esperienza unica e piacevole in favore della quale molto ha giocato l’imprevista novità del “mezzo di trasporto”, con la sorpresa di un parco di oltre duecento muli a disposizione, tutti addestrati, collaborativi e pazienti. A dorso di quei muli siamo saliti insieme a tedeschi, francesi, spagnoli, russi, svizzeri, giapponesi, tutti entusiasti della scelta condivisa per la scalata della collina.
Durante il vissuto percorso in salita insieme ai numerosi turisti di diverse nazionalità ho avuto la netta sensazione che lo spirito collaborativo di quei muli, la loro accattivante pazienza e docilità giocavano psicologicamente a favore di un popolo orgoglioso e di una nazione pregna di storia millenaria a cui non può mancare la solidarietà dell’Europa per il superamento di difficoltà che, prima o poi, tutti potrebbero dover sperimentare (il recente declassamento del debito degli Stati Uniti, ed a seguire di quello italiano, insegnano).

Sàntolo Cannavale

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Un futuro abbastanza probabile