martedì 12 giugno 2012

Analisi di un fischio





INTERVISTA AL CAPO DEI NEOBORBONICI

di 
Nando Cimino


Ogni giorno, si soffermano ai cancelli della fattoria borbonica di Carditello, decine di persone. Giovani per la maggior parte, studenti delle diverse università sparse tra Capua, Santa Maria Capua Vetere e Aversa in particolare. Nel pomeriggio di ieri, tra i vari visitatori, ha fatto capolino anche Gennaro De Crescenzo, presidente dell’Associazione Neoborbonica. Particolarmente attivo nella narrazione del Sud e della sua storia è autore di numerosi libri e saggi tra cui “Le industrie ne Regno di Napoli”, “L’altro 1799: i fatti” e “Napoli, storia di una città” solo per citarne alcuni.
“Ogni volta che posso – ha spiegato il neoborbonico – faccio una passeggiata queste parti. Il Real Sito di Carditello, è l’emblema della mente illuminata dei Borbone e di Ferdinando II in particolare. Una visione straordinaria di comunione con il territorio che, oggi, è consegnata alla malasorte e al disfacimento.”
La presenza di Gennaro De Crescenzo però, è un’occasione troppo ghiotta, per parlare degli ormai famigerati fischi allo stadio, nel corso della partita Napoli-Juventus, valevole per la finale di Coppa Italia che, da storico e, manco a dirlo da tifoso verace della squadra partenopea, ha sottolineato: “Da decenni, quella con la Juve, non è una partita normale: per alcuni è il momento della rivalsa storica dei Borbone contro i Savoia. Il momento della rivalsa contro il Nord, contro i potentati politici ed economici di cui Torino, con la Fiat, è simbolo forte; il momento per ‘vendicarsi’ delle offese e delle umiliazioni subite quando si sta al Nord da emigranti.”
Eppure, dopo la storica vittoria di domenica notte, su tutto, è prevalso il dibattito sui fischi dei tifosi napoletani alle note dell’inno di Mameli?
“Dimenticano che, durante il minuto di raccoglimento per ricordare le vittime romagnole del terremoto e le vittime pugliesi dell’attentato, c’era stato un silenzio religioso e correttissimo, dove i tifosi hanno dimostrato tutto il loro cuore.” Non si era mai verificata prima una cosa simile.
“Infatti! Politici e opinionisti, avrebbero piuttosto il dovere di chiedersi il perché di certi fenomeni e capire il senso profondo di quella protesta.”
Per la verità, dal sonoro, si sentono più slogan che fischi.
“Trentamila persone, tutte insieme, gridavano quel coro ricco di orgoglio e di senso appartenenza ‘Partenopei, siamo Partenopei’. Ergersi a moralisti è facile perchè, per i difensori della retorica di Stato, è troppo difficile capire che quello napoletano, campano in generale, è un popolo senza voce da troppo tempo. E’ stato più facile criminalizzare che comprendere che, quel grido, era un grido non contro l’Italia ma contro questa Italia che da un secolo e mezzo ha dimenticato, cancellato, umiliato e offeso, questa parte del Paese.”
Forse c’è il timore per una deriva neoborbonica o, peggio, per un pericolo ‘terroNistico’?
“Esistono già due Italie o forse addirittura tre. Se guardiamo all’occupazione o ai redditi o magari alle assicurazioni delle auto. Troppo facile scaricare le proprie responsabilità, contro la plebaglia, i lazzaroni o i nuovi briganti che urlano il loro orgoglio e la loro rabbia. C’è chi inizia a ribellarsi in maniera comunque civile e si becca le multe del giudice Tosel, che ha fatto finta di non sentire i cori razzisti juventini e le offese in giro per l’Italia.”
Il mondo web, ha fatto da amplificatore alla genesi dei fischi. “Il provocatorio gruppo sul social network facebook ‘Ho fischiato anche io’, ha unito, in meno di 48 ore, oltre 7500 adesioni e tutte motivate”.
Ma allora, pensiamo ad un nuovo partito o ad un nuovo movimento politico?
“Niente di tutto questo; è solo il desiderio di un popolo intero, di ritrovare la strada del riscatto attraverso il recupero della sua orgogliosa identità.”
Carditello?
“Che dire? Carditello è l’aforismo della nostra terra; bella e maledetta da 151 anni di bugie. E’ l’emblema dell’approccio ad una questione meridionale sempre più dimenticata e sempre più drammatica. E’ la faccia dell’emarginazione in cui veniamo costretti dall’incapacità di chi, ancora oggi, si permette di ergersi a moralista super partes.”
Parole amare, quelle di Gennaro De Crescenzo che solcano il profilo del ritratto di una cristallina realtà.