lunedì 28 ottobre 2013

Il Movimento Neoborbonico compie 20 anni

Come ampiamente annunciato, sabato 26 ottobre 2013, i vertici e le rappresentanze nazionali del Movimento Neoborbonico si sono dati appuntamento a Napoli insieme ad amici e simpatizzanti,  per festeggiare i venti anni di attività.
A presenziare l’evento S.A.R. il Principe Carlo di Borbone, accompagnato dalla Segreteria di Casa Reale, che con la sua presenza ha voluto evidenziare la riconoscenza alla meritoria attività di ricerca e di diffusione della verità storica operata da venti anni  dall’Associazione Neoborbonica. Un evento importante e, in molti momenti, emozionante che ha coinvolto soci vecchi e nuovi, compatrioti anziani e giovani in un magnifico momento di festa identitaria. 
Ad aprire la serata, la presentazione della recentissima fatica di Pino Aprile presso il prestigioso locale “Archivio Storico”, dove il Principe Carlo ha avuto modo di manifestare la sua gratitudine per il lavoro svolto dal Movimento Neoborbonico, completato da scrittori e giornalisti del rango di Pino Aprile e Gigi Di Fiore. Quindi, la “torta reale” ed il brindisi.
L’evento è poi proseguito nel vicino teatro, passando per una piazza imbandierata e affollata dove la Banda Storica dei Reali Pompieri di Napoli ha intonato l’Inno Reale.
Nel teatro, dopo i saluti del Presidente del Movimento Neoborbonico e di S.A.R. il Principe Carlo di Borbone, in una sala gremita ed in visibilio, sono stati consegnati i riconoscimenti della 1° Edizione Premio Due Sicilie ad imprenditori, artisti, giornalisti e scrittori.
Quindi è iniziato lo spettacolo che con artisti come Eddy Napoli e Napolincanto, ha raggiunto livelli altissimi di arte e di consapevolezza storica, per poi concludersi con il brillante, pungente e magistrale sarcasmo di Paolo Caiazzo.
Solo una breve e piacevole interruzione dello spettacolo, per consentire al Principe Carlo di consegnare al Presidente De Crescenzo e ad alcuni membri del Direttivo del Movimento, l’Onorificenza di Francesco I, uno dei più ambiti riconoscimenti di merito dell’Antico Regno.    
Per il dettaglio della serata, vi lasciamo alla “penna” del compatriota Gino Giammarino, Direttore della rivista “Il Brigante”, ed alle foto del compatriota Giuseppe Nuzzo, Presidente dell’Editoriale Il Giglio e del compatriota Nunzio Porzio.


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VENTENNIO NEOBORBONICO

RIUSCITISSIMA FESTA
CON SORPRESE ED EMOZIONI

di Gino Giammarino


Emozionante eppure consapevole. Così potrebbe essere definita questa particolare giornata di sabato 26 Ottobre 2013, che ha visto il Movimento Neoborbonico festeggiare i suoi primi venti anni di attività con un riuscitissimo pomeriggio-sera, perfetto nel programma e nell’organizzazione.
Già arrivare sui gradoni di via Morghen e trovarli completamente coperti di bandiere borboniche è stata una sensazione difficile da rendere a chi non si è trovato sul posto: tanti amici e compagni di lotta si sono ritrovati sotto quel velo di vessilli riabbracciandosi e ricordando quel passato fatto di entusiasmi e abbattimenti, alti e bassi che, però, hanno portato al grande successo. Perché è indubbio, la festa è pienamente riuscita!
Un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, si è partiti presso il suggestivo ritrovo vomerese “Archivio Storico”, letteralmente preso d’assalto all’arrivo di S.A.R. Carlo di Borbone che ha presenziato all’incontro con Pino Aprile e Gennaro De Crescenzo con i quali si è discusso dell’ultimo libro dello scrittore pugliese “Il Sud puzza” per giungere ai ricordi e ringraziamenti a tutti gli intervenuti da parte del presidente del Movimento, abilmente moderati dal giornalista Pier Paolo Petino.
Alla fine, è apparsa una splendida torta raffigurante lo stemma della Real Casa e si è brindato con vino rosso e bianco, naturalmente, meridionale.
Ci si è poi trasferiti presso l’auditorium dei Salesiani che ha festeggiato con entusiasmo l’ingresso del Duca di Castro, accomodatosi su un’ampia poltrona verde collocata al centro della prima fila da dove ha seguito tutto lo spettacolo e le premiazioni, alzandosi solo per un emozionato saluto e, successivamente, per consegnare al prof. De Crescenzo ed a Salvatore Lanza il cavalierato di Francesco I e ricevere dal giornalista sportivo Massimo Sparnelli una maglietta azzurra del Calcio Napoli recante il numero Uno con la scritta Carlo di Borbone sulle spalle.
Pier Paolo Petino e Diletta Acanfora hanno condotto brillantemente una serata densa di Sud, a partire dai tanti premiati come lo stesso Pino Aprile ed il giornalista-storico Gigi Di Fiore, dallo speaker radiofonico Gianni Simeoli a Paolo Caiazzo, da imprese come Scoop Travel alla Caffè Borbone ed Argenio.
Una sala gremita (cinquecento posti seduti e tanti rimasti in piedi) ha lungamente applaudito con una standing ovation l’esecuzione dell’inno borbonico da parte di un grande quanto emozionato Eddy Napoli, che poi si è sciolto regalando al pubblico limpidi cristalli vocali, alternandosi con le graditissime ed ironiche performance dei “Napolincanto”.
E per restare al capitolo ironia, grandi risate ed amare riflessioni con il famoso monologo del comico di Made in Sud sulla falsa unificazione d’Italia da parte di Camillo, Penso, il Conte di Cavour.
Alla fine, solo il rammarico per una serata perfetta che è sembrata esser finita troppo presto. Ma chi l’ha detto che finisce qui?













venerdì 25 ottobre 2013

S.A.R. il Principe Carlo di Borbone a Napoli


Alla presenza 

di 

S.A.R. il Principe CARLO di BORBONE 

SABATO 26

Ore 17.30, presso “Archivio Storico”, originale, modernissimo e borbonicissimo winebar recentemente inaugurato a Napoli (via Morghen), INCONTRO con mostra di incisioni sulla verità storica a cura del maestro Gennaro Pisco e presentazione del nuovissimo libro di Pino Aprile “Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio” con Gennaro De Crescenzo e Pino Aprile.  

Ore 20.00, Teatro Salvo D’Acquisto, in via Morghen, con accesso ai prenotati, prima edizione del  “Premio delle Due Sicilie” per le eccellenze  del Sud: cultura, musica, teatro, sport, imprenditoria. 
Con la partecipazione, tra gli altri, di Gigi Di Fiore, Lorenzo Del Boca e Pino Aprile. 

Ore 21.00 Concerto di Eddy Napoli, già voce solista dell’Orchestra di Renzo Arbore, con Gianni Aversano e Napolincanto; intervento teatrale di Paolo Caiazzo.  


Per informazioni:  347 8492762; neoborbonici@neoborbonici.it




giovedì 24 ottobre 2013

Evento ad Orta di Atella


Il Movimento Neoborbonico e il "Parlamento delle Due Sicilie - Parlamento del Sud" con, tra gli altri, Pino Aprile, Don Maurizio Patriciello, Mimmo Cavallo, Eugenio Bennato e i comitati civici e ambientalisti di Campania, Calabria, Puglia e Basilicata a 
Orta di Atella, Palasport, venerdì 25 ottobre 17.30.
Sarà presentato l'ultimo libro dell'autore di Terroni, "Il Sud puzza. Storie di vergogna e d'orgoglio" con l'obiettivo di riunire le tante e sempre più numerose realtà che vogliono difendere il nostro martoriato territorio.






martedì 22 ottobre 2013

Napoli Svelata

Mostra fotografica "Napoli Svelata" di Mario Zifarelli, organizzata dalla nuova Associazione Napoli "Terra del Sud", presso la Sala delle Terrazze di Castel dell'Ovo, dal 26 ottobre al 4 novembre 2013, con l'inaugurazione che sarà preceduta da un forum sull'esoterismo cui parteciperanno esperti del settore con l’introduzione del giornalista Antonio Tortora. 

 Si tratta di un lavoro che ha visto una preparazione lunghissima, circa un anno e mezzo, e che ha incontrato difficoltà di ogni genere, ma alla fine con forza di volontà e assoluta caparbietà sì è riusciti a regalare a Napoli un momento di vera cultura e di plurimillenaria storia. 
Dagli sponsor, dai patrocini e dai relatori coinvolti si capisce la fatica che è costato il creare i contatti e le necessarie sinergie, ma anche la fiducia che è stata accordata all’iniziativa.
Mercoledì 23 ottobre, presso gli uffici dell'Ente Provinciale del Turismo in P.zza dei Martiri 58, alle ore 11.00 si terrà la conferenza stampa di presentazione dell’evento.





domenica 20 ottobre 2013

Acquedotto borbonico a Formia


Mola e Castellone erano due comuni confinanti situati rispettivamente sul mare ed a mezza costa a pochi chilometri da Gaeta che, poi, uniti formarono l’attuale Formia. 
Collocati alla base di un pendio montano molto scosceso, ebbero da sempre problematiche idrauliche sia a causa delle violente dilavazioni delle acque reflue, nel corso dei temporali, e sia per il deposito delle acque destinate alle abitazioni. Attraverso un sistema di vasi comunicanti, vennero realizzate in più punti dei due centri urbani alcune cisterne di decantazione e raccolta delle acque piovane sulle quali, poi, furono ricavate delle piazze accuratamente pavimentate. Un capolavoro di ingegneria idraulica ad impatto zero.
Nonostante ci fosse notizia di questo formidabile impianto idraulico di cui altre parti emergono sulla costa, mai nessuna autorità statale o comunale si era impegnata a promuovere un sopralluogo. Finché l’anno scorso, a Piazza Santa Teresa, fu divelto accidentalmente un tombino di basalto, scoprendo la volta della cisterna inferiore.
Oggi, finalmente, l’esplorazione completa del sito e le foto di questa meraviglia d’ingegneria idraulica che, nonostante i suoi secoli, sembra essere stata realizzata l’altro ieri.
Un grazie al nostro compatriota Daniele Iadicicco che ci ha fatto partecipi dell’avvenimento, fornendoci notizie e foto.


Castellone


Mola (in alto a destra Castellone)



La cisterna borbonica



FORMIA - La commissione Cultura in sopralluogo alla cisterna sottostante piazza Marconi.

L'esordio accende i riflettori sull’obiettivo primario: riqualificare i siti archeologici e metterli a disposizione della città. I componenti della commissione consiliare alla Cultura, riuniti per la prima volta in modo informale, con l’assessore e vicesindaco Maria Rita Manzo, sono scesi nella Formia sotterranea a visitare la cisterna sottostante piazza Marconi. Scortata dalla Protezione Civile, la commissione presieduta dal consigliere Giovanni Valerio è scesa attraverso il tombino ed ha effettuato un sopralluogo per una presa di cognizione sullo stato del sito e per valutare gli interventi da compiere nell’ottica di un suo pronto recupero. Il ritrovamento della cisterna, prolungamento del sagrato della chiesa di Santa Teresa edificata nella prima metà del Settecento, avvenne per puro caso, durante l’allestimento della pista di pattinaggio per le vacanze natalizie. Spostando i vasi che costellano piazza Marconi, meglio nota come piazza Santa Teresa, un tombino saltò. La Protezione Civile si calò scoprendo degli scalini sotterranei. I muri rivestiti di intonaco impermeabile a cocciopesto sono realizzati in mattoni. Sarà fondamentale procedere ad una datazione del sito. Poi si cercheranno le risorse per recuperarlo e destinarlo alla pubblica fruizione. 



domenica 13 ottobre 2013

A Pizzo Calabro


le celebrazioni dei massacratori dei Calabresi

Siamo l’unico paese al mondo che da oltre 150 anni esalta sistematicamente chi, invasore straniero, ha massacrato il popolo inerme. Incredibile come la menzogna storica, nonostante la dilagante verità, riesca ancora a generare eventi con i soldi pubblici. 
Purtroppo è l’ignoranza della maggior parte dei politici che fa da padrona, mentre tutto il resto si allinea stancamente ad una consuetudine aberrante che stupra senza vergogna la memoria storica e la dignità della nostra Gente.

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Massacri compiuti dall'esercito francese 
(incisione Goya)

Le manifestazioni previste a Pizzo Calabro dall’11 ottobre per celebrare Gioacchino Murat, con il patrocinio e il finanziamento (pubblico) del Comune di Pizzo, dimostrano ancora una volta la mancanza di conoscenza e di rispetto della memoria storica calabrese e meridionale. 
Si celebrano, infatti, con convegni e iniziative  folcloristiche, Gioacchino Murat e la sua tragica morte senza approfondire i temi trattati. L’esaltazione di Murat (il cui merito principale era quello di essere il cognato di Napoleone oltre che il riferimento principale della massoneria del tempo) è del tutto fuori luogo se solo si pensa che i francesi, nel 1799 come nel 1806, massacrarono decine di migliaia di calabresi e di meridionali che si ribellarono (“briganti” o “insorgenti”) a quella invasione con coraggio e fedeltà verso i valori cristiani rappresentati dalla dinastia borbonica.  Innumerevoli le fucilazioni senza processo e le devastazioni e i saccheggi di intere città, così come si sarebbe verificato anche durante la successiva unificazione italiana…
Da un lato gli invasori francesi con i pochi collaborazionisti locali, dall’altro chi difendeva case, terre e famiglie e che in qualsiasi paese del mondo sarebbe celebrato come un eroe (da Amantea a Soveria, da Longobucco a Maida fino a Lauria con una città intera devastata e massacrata).
Di fronte ad una storiografia sempre più documentata e diffusa sulla storia del Sud preunitario, non si può continuare a conservare  quella subalternità immotivata verso le dinastie straniere prima francesi e poi sabaude che la storiografia ufficiale ha colpevolmente radicato nella nostra cultura. 
Il Movimento Neoborbonico e il “Parlamento delle Due Sicilie” propongono al Comune di Pizzo una pubblica sfida/dibattito (con eventuali proiezioni -gratuite- audio/video e di immagini e documenti) sulla storia dei Borbone, dei napoleonidi, delle Calabrie e del Sud.  

Ufficio Stampa
347 8492762

www.neoborbonici.it
www.parlamentoduesicilie.it
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I “liberatori” francesi: 
devastazioni, massacri, decapitazioni e oltre sedicimila condanne a morte.

Qualche testimonianza… 

“Passammo la notte sulle alture, dopo aver stabilito una linea di fuoco per dare l'impressione di essere una forza assai superiore. Per lungo tempo nella stretta valle si udì un grande trambusto. Urla di spavento risuonavano da ogni parte. Senza dubbio, gli abitanti, temendo di vederci discendere durante la notte per mettere a ferro e a fuoco il paese, si affrettavano a porre in salvo i loro beni e se stessi. All’alba alcuni distaccamenti occuparono la sommità di tutte le montagne circostanti. Dopo di che duecento uomini scesero nel villaggio… Il villaggio dove si erano rifugiati fu circondato senza il minimo rumore e, sul fare del giorno, marciammo di fronte per attaccarli… Contemporaneamente da ogni parte si gridò «All'assalto!

All'assalto!»… Questo sventurato villaggio, saccheggiato e incendiato, subì gli inevitabili orrori che seguono ogni attacco. Il curato, un gran numero di donne, di fanciulli e di vecchi fortunatamente si rifugiarono in una chiesa, dove alcuni ufficiali si recarono per proteggere questo asilo dalla brutalità dei soldati. In questo combattimento subimmo perdite considerevoli; gli insorti, sterminati quasi completamente, lasciarono sul campo più di duecento morti. Molti di loro persero la vita cadendo dalle scarpate a strapiombo, da dove cercavano di mettersi in salvo” [Cfr. D. de Tavel, Lettere dalla Calabria, pp. 103 e sgg.Soveria Mannelli 1996 – Rubettino Editore]

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RESISTENZA CALABRESE ALL'INVASIONE FRANCESE DEL 1806


Il 14 febbraio 1806 le truppe francesi occuparono Napoli e sul trono s'insediò il fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte. Trovò in Calabria le prime e più irriducibili resistenze. La regione acquistò un'immensa notorietà e venne paragonata in tutta Europa alla Vandea, che si era opposta strenuamente all'avanzata della Rivoluzione. Si era da poco insediato il nuovo monarca che subito, insopprimibile, scoppiò una rivolta, che non accennò a placarsi fino alla fine della dominazione francese.
La scintilla scoccò a Soveria Mannelli, un villaggio della presila. Era il 22 marzo, secondo giorno di primavera e, secondo la tradizione, il francese che comandava il drappello che presidiava il borgo insidiò una bella e giovane donna del luogo. Alle grida della donna, accorsero i paesani guidati da un contadino, Carmine Caligiuri, e i quattordici francesi del drappello vennero massacrati. Da Soveria, l'insurrezione si diffuse come un fiume in piena in tutti i comuni vicini. A nulla servì che i francesi intervenissero in modo spietato, bruciando i villaggi e impiccando i rivoltosi. .A Maida il 4 aprile i Francesi furono sconfitti dai rivoltosi, sostenuti da truppe inglesi.
Il 31 luglio vi fu la proclamazione dello stato di guerra nella Calabria. Si tratta di uno dei pochi provvedimenti formali nella storia dell'umanità, per legittimare le azioni di ferocia inaudita che i Francesi inflissero alle popolazioni della Calabria.
Gli occupanti reagivano così anche perché, abituati a trionfare in tutta l'Europa, non potevano mai immaginare di incontrare una resistenza così tenace proprio in questa sperduta regione. Forse soltanto nella Galizia, ci fu qualcosa di simile, ma mentre in Spagna l'opposizione alla conquista francese è diventata una pagina luminosa della storia nazionale, da noi nei libri di scuola non se ne parla neppure. Nonostante questo, la Calabria restò in guerra fino alla fine della dominazione francese, sebbene nel 1808 diventasse re Gioacchino Murat.
I Francesi abolirono per legge la feudalità, come se un'istituzione secolare potesse essere eliminata per decreto; provvidero alla ridefinizione delle circoscrizioni comunali, aumentandone in modo considerevole il numero; migliorarono sensibilmente il più importante asse viario del tempo, che era stato in precedenza tracciato dai Borbone e che era la strada delle Calabrie (attuale strada statale 19); trasferirono la capitale della Calabria Ulteriore da Catanzaro a Monteleone. E poi misero in vendita i residui beni ecclesiastici.
E con questi provvedimenti, e simili argomenti, unitamente alla guerriglia che senza soste insanguinò la regione per l'intero decennio, la Calabria, secondo qualche storico, « usciva dal secolare isolamento».

da: http://www.soveratoweb.it/storiacalabria.htm

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DUE BRIGANTI CALABRESI DEL 1806 POCO CONOSCIUTI

Paolo Mancuso detto PARAFANTE, nacque a Serra di Scigliano nel 1783. Partecipò all’impresa del cardinale Ruffo e svolse diverse azioni per conto degli inglesi, brigante temutissimo era tra i più potenti della Calabria insieme a Fradiavolo, Panedigrano, Francatrippa. Un resoconto dettagliato delle sue gesta si può leggere nei detti documenti: Note Essenziali riportati da Mozzillo, "Cronache .... op. cit., pp- 1079-80 e 1091-1110 Il primo afferma che Parafante fu ucciso il 13 febbraio 1811 nel bosco di Migliuso dagli uomini dell’aiutante generale Iannelli: il secondo, il 14 nel bosco di Camello, vicino a Feroleto, dopo un violento scontro. Il suo corpo fu esposto in una gabbia di ferro a Scigliano. La sua testa fu portata per molti paesi, poi fu portata dal signor tenente generale Manhès in Cosenza, come pure la testa degli altri compagni. E questi le fecero a vari pezzi, e distribuiti per vari luoghi" . Questo racconto è confermato anche da L. M. GRECO, op. cit., II, p. 398, che ci informa che un fratello di Parafante era prete il quale finì impiccato a Nicastro dai francesi insieme ad una sorella, mentre gli altri quattro fratelli di Parafante erano di " d’indole brava."

fonte da www.scigliano.altervista.org

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AMANTEA: 
CONTADINI, NOBILI E SOLDATI BORBONICI SI OPPOSERO UNITI ALL' ESERCITO NAPOLEONICO INVASORE. 


Il 15 dicembre 1805 Napoleone ordina all’esercito francese di invadere il Regno delle Due Sicilie. Il comando è assunto dal generale Massena, che muove con tre colonne per un totale di 37000 uomini. Il 12 febbraio 1806 si arrende la fortezza di Capua, il giorno successivo Pescara, il 14 le avanguardie francesi entrano nella capitale, da cui il Re era partito per la Sicilia sin dal 23 gennaio. Tre giorni dopo Massena invia distaccamenti in Puglia e Calabria, n sestultima regione il generale Regnier con 10000 uomini il 18 marzo batte i napoletani guidati da Ruggiero Damas a S. Lorenzo la Padula ed a Campotenese. Il giorno dopo i resti dell’esercito borbonico, circa 12000 soldati, insieme al loro comandante si imbarcano per la Sicilia. Tra il 29 ed il 30 marzo Napoleone dichiara decaduto Ferdinando IV, e nomina sovrano il fratello Giuseppe: tutto il regno di Napoli è in mani nemiche, ad eccezione di Civitella del Tronto, Gaeta e, nelle Calabrie, Maratea, Amantea e Scilla. Amantea si è preparata alla resistenza sin dai primi giorni di marzo, favorita dalla posizione e dai luoghi, poiché ad ovest ed a est ripidi dirupi e valloni rendono facile la difesa e difficile l’assalto, a nord e a sud mura merlate e bastioni proteggono l’abitato; sempre a nord il torrente Catecastro lambisce il paese, e la vicinanza del mare consente, pur tra rocce scoscese e sentieri impervi, un possibile rifornimento. La guarnigione, al comando del tenente colonnello Ridolfo Mirabelli, è stata rifornita di quanto occorrente via mare, mentre quattro cannoni da 18 libbre costituiscono l’artiglieria per la difesa. Per un po’ il nemico si accontenta solo di minacciare con attacchi sporadici, ma a novembre il generale Verdier invia tre battaglioni di fanteria, una compagnia di artiglieria, una di zappatori e dei dragoni per iniziare le operazioni di assedio. Nel mese di dicembre iniziano le ostilità e gli scontri, cui partecipano molti cittadini, guidati dal dott. Salvatori e dal frate Michele Ala. I francesi, dopo essere stati messi in grosse difficoltà dai difensori, una volta ricevuti 800 uomini di rinforzo tentarono, in una notte del mese, un attacco dalla parte del mare. Li guida il capitano della gendarmeria Razzo, nativo di Amantea, che riesce a far superare loro la rampa di San Pantaleo, ed a farli giungere sulle mura del paese. Le sentinelle, che non si attendevano un attacco dalla parte più difficile, stanno per essere sopraffatte quando l’urlo di una donna, Elisabetta de Noto, dà l’allarme, seguito da rullo di tamburi che chiama i difensori alle mura ed il lampo di un mortaio, segnale del nemico per l’assalto, rende palese il pericolo. Dopo tre ore di battaglia i nemici sono respinti sotto una gragnola di colpi, lasciando sul terreno un centinaio di morti e quasi il doppio di feriti. La resistenza preoccupa Verdier per il formarsi di bande partigiane in tutta la Calabria, principalmente a San Lucido, Fiumefreddo e sopra Amantea, per cui ordina l’inizio dei lavori di assedio della cittadina affidandone il compito alla brigata di Peyri, formata da 4 battaglioni, 300 corsi, una compagnia di cannonieri, una di zappatori napoletani e quattro ufficiali ingegneri, Montemajor, Cosenz, Mac Donald, Romei: in tutto 3200 uomini. Il 2 gennaio 1807 si inizia a stringere d’assedio Amantea, pur se l’alfiere delle milizie provinciali, Raffaele Stocco, riesce ad entrare in paese con un centinaio di soldati, attraversando le linee nemiche. I francesi scelgono per l’attacco la zona meridionale di Palaporto, iniziando la costruzione delle piazzole per l’artiglieria. I risultati ottenuti con il cannoneggiamento sono più che modesti, mentre frequenti sono le sortite dei difensori: perciò si intensificano i lavori di scavo per la posa di mine, mentre si prosegue nel tiro giorno e notte, e si costruisce un ridotto quadrato sulla spiaggia per impedire i rifornimenti via mare ai napoletani. In città l’assedio comincia a farsi sentire con la mancanza di pane ed acqua, cui si cerca di sopperire con gravi pericoli. All’alba del 15 gennaio le compagnie granatieri e cacciatori del 52° fanteria vanno all’assalto delle mura indebolite dal bombardamento, ma sono costrette a ritirarsi per la tenace difesa degli assediati. Non resta ai francesi che proseguire con il cannoneggiamento e con lo scavo delle gallerie per le mine. Alla fine il lavoro è compiuto nella notte del 29: un ultimo tentativo di convincere alla resa i napoletani non sortisce effetti positivi, nonostante gli uffici del colonnello della gendarmeria Luigi D’Amato, parente, amico e compagno d’armi del Mirabelli. I due calabresi che militano in campi avversi si incontrano fuori le mura, ma i ragionamenti e le promesse del D’Amato non ottengono l’effetto sperato; si affida allora a Montemajorla preparazione della mina che dovrà aprire una breccia nelle mura. Alle due pomeridiane del 6 febbraio si fanno brillare le cariche. Tutta la facciata del bastione vola in aria e poi rovina nel fossato per una lunghezza di 60 piedi e per una larghezza di 50, formando una comoda rampa di accesso alla città. I francesi si lanciano all’assalto alla baionetta, ma sono più lesti i difensori a ricacciarli indietro.
Due altri tentativi nella notte sono respinti con gravi perdite, tra cui il colonnello Montemajor, ferito nell’ultimo attacco. All’alba del 7 febbraio la resistenza può durare solo per un altro giorno, perciò si incarica di trattare la resa il tenente Trigona, che ottiene per la guarnigione l’autorizzazione a raggiungere l’armata borbonica in Sicilia. Ha così termine l’assedio di Amantea, durato ben 10 mesi, episodio misconosciuto della valorosa lotta sostenuta dai calabresi contro gli occupanti francesi. La resistenza armata della popolazione fu poi stroncata dallo straniero con metodi di inaudita ferocia e brutalità, paragonabili a quelli usati dai piemontesi negli anni 1861-67; ma di quelli e di questi la storia ufficiale tace, bollando quanti difesero la propria terra dall’invasore come “Briganti”. E’ ora finalmente di attribuire anche a questi valorosi la qualifica di Partigiani!

(Gaetano Fiorentino: Il Sud quotidiano del 2/8/1997)